C’erano una volta una nonna, un lupo e…

una nonna
Illustrazione tratta dal libro: In bocca al lupo, di Fabian Negrin (Orecchio Acerbo, 2016)

Come nasce una storia? Possiamo iniziare con il tradizionale “c’era una volta”, ma poi? Poi, abbiamo bisogno di scegliere uno o più personaggi principali – come una nonna, un lupo o un orco -, oltre che un’ambientazione. E, una volta delineato il contesto, deve succedere qualcosa: un fatto inatteso, in grado di mettere in moto l’ingranaggio e costringere i personaggi a reagire e ad agire. Questo è, in estrema sintesi, quello che ho raccontato ai bambini di una quarta e di una quinta elementare, per i quali sono stata invitata a tenere un laboratorio di scrittura.

Sin dal principio, è stato chiaro che i bambini delle due classi desideravano cimentarsi nel fumetto. Così, discutendone con le insegnanti, abbiamo concluso che avremmo realizzato un fumetto a partire da una storia originale. Una storia che i bambini, suddivisi in piccoli gruppi, avrebbero dovuto ideare e nel corso della prima parte del laboratorio.

La seconda parte del laboratorio, invece, sarebbe stata operativa, dedicata, cioè, alla realizzazione pratica del fumetto. Le insegnanti si sono rese sin da subito disponibili a offrire ai bambini altri momenti, all’interno delle ore curriculari, per delineare meglio i contorni delle loro storie e, in un secondo tempo, per ultimare i disegni e finalizzare il lavoro. Inoltre, il tema del fumetto era già stato affrontato in classe, per cui i bambini avevano avuto una infarinatura delle sue caratteristiche e peculiarità. Si trattava solo, come si suol dire, di passare dalla teoria alla pratica.

Il mio compito, nel corso della prima parte del laboratorio, è stato di aiutare i bambini a inventare una storia. A questo scopo, mi sono affidata a Gianni Rodari e ai tantissimi consigli contenuti nella sua Grammatica della fantasia. Come ho già raccontato in un altro post, tra le proposte di Rodari c’è quella di dare ai bambini un set di parole da usare per ideare una storia. Di queste parole, la maggior parte deve rimandare a una fiaba nota e riconoscibile, mentre una deve essere spiazzante. Totalmente scollegata dal contesto suggerito dalle altre.

Così, con l’aiuto delle insegnanti, ho selezionato cinque fiabe tradizionali: Cenerentola, Cappuccetto Rosso, La sirenetta, Il gatto con gli stivali e I tre porcellini. E poi ho preparato cinque mazzi di parole. In ciascun mazzo, quattro parole rinviavano a una delle fiabe di cui sopra, mentre una era fuori contesto. E così sono venute combinazioni come: ragazza – sorellastre – principe – scarpette – astronave; oppure sirena – nave – strega – principe – iglù.

Ho introdotto il laboratorio chiedendo ai bambini che cosa renda un evento (o una serie di eventi) una storia da raccontare. E ho cercato di individuare insieme a loro le fasi ineludibili e gli elementi imprescindibili di un racconto. Quindi ho consegnato a ciascun gruppo un mazzo di parole e, insieme alle insegnanti, li ho osservati e seguiti mentre progettavano le loro storie. All’inizio i bambini erano un po’ intimiditi e dubbiosi, ma piano piano si sono sciolti e hanno iniziato a sbizzarrirsi.

Diversamente da quanto mi aspettavo, tutti i gruppi si sono allontanati quasi subito dalle trame delle fiabe che avevamo immaginato come punti di riferimento. Nella storia realizzata a partire dal contesto di Cenerentola, ad esempio, il principe si è visto attribuire il ruolo del cattivo, mentre le sorellastre quello delle aiutanti buone della protagonista. In quella realizzata a partire dal contesto di Cappuccetto Rosso, invece, la protagonista era nella nonna. E così via.

Abbiamo invitato i bambini a suddividere le loro storie in 8 sequenze, in modo da avere sin da subito 8 scene da poter trasformare in altrettante vignette. Il passaggio dalla trama allo storyboard è stato una vera sfida per i bambini, che hanno dovuto trasformare una narrazione un po’ schematica in una serie di dialoghi e immagini. Alla fine, ogni gruppo è riuscito a realizzare il proprio fumetto. Per alcuni è stato più semplice, per altri un po’ più complesso. La difficoltà maggiore che molti hanno incontrato è stata quella di collaborare in modo propositivo e costruttivo con gli altri membri del gruppo, in modo da remare tutti nella stessa direzione.

Comunque, dopo due belle esperienze di laboratorio di lettura, questo laboratorio di scrittura creativa è stato, nello stesso tempo, divertente, stimolante e istruttivo. E, tenendo conto dell’età dei bambini e dell’ampiezza del progetto, il risultato finale è stato molto soddisfacente!

Ho avuto modo di osservare come la fantasia dei bambini possa portarli molto lontano dagli approdi che non adulti immaginiamo. E se certamente bisogna aiutarli a sprigionare la loro creatività, non è tuttavia possibile lasciarli del tutto a briglia sciolta. L’adulto non deve “condizionare” il processo creativo, ma deve cercare di reindirizzarlo, se c’è il rischio che finisca su un binario morto. Questa funzione di guida non troppo invadente può essere svolta, ad esempio, evitando di offrire suggerimenti, ma ponendo, piuttosto, delle domande. Del tipo: chi è che compie questa azione? Perché lo fa? Qual è l’evento inatteso che cambia le carte in tavola?

E poi… poi non resta che fermarsi a guardare e stupirsi del risultato.