Povere creature!

povere creature

Se n’è parlato tanto, sia per l’Oscar vinto dall’attrice protagonista, Emma Stone, sia per la vicenda sui generis che racconta. Una sorta di rivisitazione in chiave grottesca e patinata della storia del dottor Frankenstein. Con, al centro, degli esseri nati da innesti innaturali e mostruosi, e che tuttavia ci aiutano a guardare con occhi diversi il mondo che ci circonda. Mi riferisco a Povere creature (2023), del regista greco Yorgos Lanthimos: un film dalla fotografia e dai costumi straordinari, basato sull’omonimo romanzo di Alasdair Gray.

La trama è difficile da sintetizzare senza incorrere in quale piccolo spoiler, di cui mi scuso sin da subito. In una Londra vittoriana “rivisitata”, in cui le conoscenze scientifiche sono piuttosto all’avanguardia, una giovane donna muore annegata. Il suo corpo viene recuperato e riportato in vita dal dottor Baxter, un medico che si è completamente votato alla scienza. E che decide di fare di lei un esperimento scientifico vivente, da monitorare giorno per giorno, ora per ora. Nella testa della donna, infatti, il dottore ha trapiantato il cervello di un feto. Bella Baxter, questo è il nome della creatura, si trova così a crescere sotto lo sguardo attento del padre-scienziato e dei suoi collaboratori. E si trova a dover “gestire” un corpo già adulto, apprendendo in fretta quello che neonati e bambini imparano, solitamente, in anni di vita e di tentativi.

Ad un certo punto del suo sviluppo fisico e psichico, Bella si stanca di essere confinata nella grande casa del dottor Baxter e decide che è giunto il momento di scoprire il mondo. Per questo, fugge con un avvocato ambiguo e meschino, convinto di poterla controllare, viaggiando e vivendo situazioni che la fanno crescere. Di esperienza in esperienza, Bella diventa sempre più autonoma, consapevole e padrona delle sue scelte. E sviluppa anche una sorta di coscienza sociale, che la spinge a desiderare di aiutare i più deboli.

Emma Stone è molto brava a rendere credibile la protagonista in tutte le fasi del suo sviluppo. Dalla goffaggine infantile delle prime scene, fino alla maturità e alla compiutezza del suo approdo finale. Che è, tuttavia, un approdo non convenzionale. Bella, infatti, è un essere curioso e razionale, avido di apprendere, consapevole di ciò che vuole e determinato a ottenerlo. Non è stata educata a rispettare le regole sociali della sua epoca, né ad adeguarsi a particolari dettami morali. Per questo, è libera da condizionamenti e lacci di ogni tipo. All’interno della società vittoriana, è una sorta di alieno, incapace di conformarsi a convenzioni comunemente accettate e refrattaria nei confronti di ruoli, pregiudizi e convinzioni radicate.

Il suo percorso di crescita è una sorta di viaggio alla scoperta della natura umana: dai piaceri fisici a quelli intellettuali, dall’istinto alla ragione. Nella prima fase, Bella scopre il sesso, finendo per dedicarvisi e sperimentarlo in varie forme. Poi è la volta dei libri e, in particolare, della filosofia. Infine, sposa la passione del suo padre adottivo, la scienza, trovando la sua vera vocazione.

Povere creature è di certo un film da vedere, che offre alcuni interessanti spunti di riflessione. Sulla società, sulla condizione femminile, ma anche su cosa faccia di una “creatura” un essere umano. Oltre a ciò, il film è esteticamente molto godibile (vi ho già detto dei costumi e della fotografia, no?), come la maggior parte delle opere di Lanthimos (se avete visto La favorita, sapete cosa intendo).

Tuttavia, la pellicola ha, a mio parere, alcuni difetti, che rendono la narrazione macchinosa, poco fluida. Alcuni passaggi della trama mi sono parsi troppo sviscerati, altri, invece, un po’ forzati, in particolare nella parte finale. I personaggi (maschili) che circondano Bella sono piuttosto piatti, quasi stereotipati: dei meri comprimari necessari a mandare avanti la vicenda. E la stessa caratterizzazione di Bella, alla fin fine, mi è sembrata un po’ troppo monolitica, non dando spazio a vere e proprie sfaccettature, specie nella sua fase “adulta”.

Infine, devo dire che il film lascia addosso una certa inquietudine, mettendo lo spettatore in una posizione scomoda. Nell’impossibilità di simpatizzare davvero con i personaggi, ad esempio. Ma anche nel dubbio su chi sia il vero mostro: se il prodotto di un esperimento, o il suo artefice.