Persuasione: se Jane Austen incontra Bridget Jones

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Nell’afa di questo luglio, non poteva mancare un bel tuffo nel passato, nell’età della Reggenza. A offrirne l’occasione, l’ultimo adattamento televisivo del romanzo Persuasione.

Persuasione è l’ultima delle sei opere che Jane Austen è riuscita a portare a termine prima di morire, nel 1817, a soli 41 anni. Ed è anche il suo romanzo più maturo. Con una protagonista, Anne Elliot, più adulta, riflessiva, disincantata e “complessa” rispetto alle figure femminili che l’avevano preceduta.

Forse proprio per questo motivo, i diversi tentativi di portare il romanzo sullo schermo televisivo si sono rivelati, agli occhi di chi lo ha amato, insoddisfacenti, incompleti e più o meno deludenti. E l’ultimo adattamento, targato Netflix e diffuso lo scorso 15 luglio, non sfugge, a mio parere, a questo destino.

Persuasione ruota intorno alla figura di una giovane donna, Anne, convinta dalla sua famiglia a interrompere la relazione con il giovane di cui è innamorata. Il loro fidanzamento è considerato da tutti un azzardo, a causa della precaria posizione sociale ed economica di lui. Dopo otto lunghi anni di solitudine e rimpianti, Anne ritrova il suo antico innamorato, ormai diventato un Capitano della marina. E il loro incontro innesca una serie di reazioni ed eventi…

La produzione Netflix di Persuasione vede Dakota Johnson vestire i panni di Anne. E si inscrive nel quadro più ampio di una rilettura in chiave pop dell’età della Reggenza: un trend favorito dall’enorme successo della serie televisiva Bridgerton. Stile e trama del romanzo sono quindi “modernizzati” e adattati ad un pubblico contemporaneo, “giovane”, se vogliamo. Rispetto a Bridgerton, che enfatizza sia nei costumi che nei dialoghi i formalismi dell’età della Reggenza, in Persuasione tutto è, in qualche modo, attualizzato.

Anne gira per casa con i capelli sciolti, dà del “tu” a familiari e conoscenti e chiama per nome gli uomini che la circondano. I suoi toni, i suoi atteggiamenti e le sue scelte lessicali sarebbero improponibili per Jane Austen, sempre così attenta all’etichetta e alle norme sociali. Basti pensare a quando la Anne del film definisce il Capitano Wentworth un suo “ex”, con un evidente anacronismo. O a quando, nel bel mezzo di una cena, per non sfigurare di fronte al suo antico pretendente, la donna dice davanti a tutti che suo cognato aveva chiesto la sua mano, prima di ripiegare su sua sorella…

In questa Anne che si ritrova in situazioni imbarazzanti, che beve vino rosso per consolarsi, che piange nella vasca da bagno e che si butta sconsolata sul letto, c’è davvero molto poco della Anne saggia, discreta e riflessiva descritta da Jane Austen. Mentre c’è moltissimo di Bridget Jones, l’eroina della cosiddetta chick lit di fine anni Novanta: single suo malgrado, imbranata e alla disperata ricerca dell’uomo dei suoi sogni.

Insomma, Persuasione può essere considerato un film divertente e di puro svago, per trascorrere un paio di ore senza pensieri. Questo, però, a patto di prenderlo come un lavoro a sé stante, e non come l’adattamento di un romanzo intenso e profondo quale è, appunto, l’ultima opera di Jane Austen. Perché su questo fronte, ahimè, non ci siamo proprio: il romanzo e la sua protagonista sono davvero un’altra cosa.