Johanna Bonger, la donna che “inventò” van Gogh

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Vincent e Theo van Gogh a Parigi. Illustrazione tratta dal libro Vincent van Gogh, National Geographic Kids, 2018

Oggi tutti sanno chi sia Vincent van Gogh, o comunque ne hanno sentito parlare almeno una volta. Eppure, quando il pittore muore suicida nel 1890, a soli trentasette anni, è poco più che uno sconosciuto. La sua fama e il suo successo sono postumi e sono il frutto dell’intuito, della caparbietà e dell’iniziativa di una donna: Johanna Bonger (1862-1925), la giovane vedova dell’amato fratello minore di Vincent, Theo.

Nel 1891, quando Theo muore di sifilide, sei mesi dopo il fratello e dopo appena due anni di matrimonio, a Johanna non restano che il figlioletto Vincent Willem, le numerose lettere che i due fratelli si sono scambiati nel corso delle loro brevi vite e la maggior parte dei disegni e dei dipinti del cognato. Un’enorme quantità di materiale, che parenti e conoscenti le consigliano di vendere, per raggranellare qualche soldo e mandare avanti la famiglia. Johanna Bonger ha, tuttavia, un piano diverso e molto più ambizioso: far conoscere vita, opere e sofferenze di Vincent van Gogh in tutta Europa. Per portare a compimento quello che era uno dei più grandi desideri di Theo: e cioè, che il talento di suo fratello venisse finalmente compreso e apprezzato.

La donna lascia Parigi per rientrare nei Paesi Bassi, dove lavora come traduttrice e gestisce una piccola pensione, che decora con le opere di Vincent. Nello stesso tempo, però, mantiene i contatti con gli ambienti artistici parigini. E, attraverso queste sue conoscenze, cerca il supporto di mercanti d’arte e e collezionisti, in modo che i quadri di Vincent possano essere esposti in varie mostre in giro per il continente.

Dopo dieci anni di sforzi e di difficoltà economiche, nel 1901 arriva una svolta importante. Johanna Bonger conosce il gallerista e collezionista berlinese Paul Cassirer, che negli anni successivi organizza ben quindici mostre dedicate a van Gogh. Nel 1905, sopraggiunge un altro, importante successo. Bonger riesce a organizzare una retrospettiva dedicata al cognato ad Amsterdam, esponendo ben 474 opere.

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Johanna Bonger ritratta nel 1905 dal secondo marito, il pittore Johan Cohen Gosschalk (1873-1912). Via Wikipedia

Nel frattempo, ha deciso di pubblicare il copioso carteggio tra Vincent e Theo. I critici la accusano di non capire niente di arte e di voler fare del sentimentalismo e lucrare su di esso. Bonger li ignora e tira dritta per la sua strada: le lettere appaiono in edizione integrale nel 1914, in olandese e tedesco. Nello stesso anno, la donna si premura di trasferire le spoglie di Theo a Auvers-sur-Seine, accanto alla tomba di Vincent. A sottolineare, ancora una volta, il legame fortissimo tra i due fratelli.

Intuendo la necessità di far conoscere il cognato e i suoi dipinti anche negli Stati Uniti, tra il 1915 e il 1919 Bonger si stabilisce a New York. Qui si occupa della traduzione in inglese del carteggio tra Vincent e Theo, con l’intento di dargli un’eco ancora più vasta. La sua intuizione è corretta. Le lettere dei due sfortunati fratelli contribuiscono a creare un alone tragico e romantico intorno alla figura di Vincent e alla sua parabola artistica. Il mito di van Gogh è ormai nato.

Nonostante le tante difficoltà, Johanna Bonger non ha mai smesso di credere che, un giorno, sarebbe riuscita a far riconoscere il talento del cognato. Lo dimostra un’annotazione presente sul suo diario, che risale al 1892, ben prima degli anni dei successi e della fama:

«È una sensazione di trionfo indescrivibile – finalmente è giunto il momento – Vincent ottiene l’apprezzamento di coloro che prima lo derisero»

Missione compiuta, potrebbe chiosare la donna che, utilizzando la giusta strategia di marketing, ha fatto di van Gogh un artista di fama mondiale.