Arte immersiva e digitale: la nostra esperienza al TeamLab Planets

TeamLab Planets

Cosa si intende, oggi, per arte? Di fronte a questa parola, il mio primo pensiero va, in modo istintivo e immediato, a quadri, sculture, chiese ed edifici più o meno famosi. Michelangelo, Raffaello, Brunelleschi, Monet, Van Gogh, il Partenone… Eppure, negli anni il significato del termine si è molto ampliato. Fino a comprendere anche manifestazioni ed esperienze piuttosto distanti dal concetto di arte che si aveva in passato. Forme peculiari che, appena qualche tempo fa, sarebbero state inimmaginabili. Ne abbiamo avuto prova in prima persona visitando il TeamLab Planets di Tokyo: un’esperienza artistica digitale, immersiva e interattiva. Una sorta di avventura tattile, uditiva, olfattiva e visiva, nell’ambito della quale si “entra”, in senso letterale, all’interno delle opere d’arte.

TeamLab Planets si trova sull’isola artificiale di Toyosu, nella baia di Tokyo. Come il Miraikan, è raggiungibile dalla città con la linea automatizzata Yurikamome. Per questo, abbiamo scelto di combinare le due visite, dedicando la mattina al Museo delle Scienze Emergenti e prenotando l’ingresso al TeamLab Planets per il pomeriggio. I biglietti vanno acquistati online e con un po’ di anticipo, data l’enorme quantità di visitatori. E, al momento dell’acquisto, va anche indicato l’orario, che è vincolante.

A creare questa esposizione artistica sui generis è stato il collettivo TeamLab, nato a Tokyo all’inizio degli anni Duemila. Un gruppo eterogeneo di artisti, ingegneri, animatori CG, programmatori, architetti, matematici. Uniti dalla convinzione che si possa fare arte utilizzando le tecnologie digitali e rendendo i visitatori di una mostra parte integrante dell’opera d’arte. Fruitori e produttori nello stesso tempo.

Non appena si arriva davanti al grande magazzino adibito a museo, bisogna mettersi in coda, perché gli ingressi sono scaglionati. Ciascun visitatore è invitato a lasciare borse, scarpe e oggetti personali nello spogliatoio, in appositi armadietti dotati di chiave. La chiave si può tenere infilata al polso, come un bracciale, per tutta la visita. Oltre a togliere scarpe e calzini, si viene avvisati di arrotolare i pantaloni fin sopra le ginocchia, perché ci si ritroverà a percorrere spazi umidi. E se si indossano gonne o altri indumenti che non consentono di scoprire le gambe, si possono prendere in prestito dei pantaloncini forniti dal museo stesso.

Una volta liberatisi di tutti gli ingombri, con l’unica eccezione del cellulare o della macchina fotografica, si può finalmente entrare. Attraversando dei corridoi quasi del tutto bui, si accede a una serie di sale, ciascuna delle quali presenta uno scenario diverso. In una, ci si ritrova circondati da una pioggia di lucine e di specchi, in un ambiente che brilla di azzurro e di argento. In un’altra, si cammina nell’acqua, all’interno di un’ampio spazio illuminato solo da piccole luci iridescenti, che si riflettono tutto intorno, creando effetti mutevoli. Passando in un altro ambiente, ci si ritrova a percorrere un lucido pavimento a specchio, mentre una distesa di orchidee pende dal soffitto. Fiori e foglie si ritraggono se ci si avvicina troppo, mentre scendono verso il basso se vengono lasciate indisturbate, moltiplicandosi negli specchi e creando una sorta di effetto foresta intorno ai visitatori.

In una stanza ci si può sdraiare sul pavimento, fermandosi ad ammirare dei fiori colorati che, accompagnati dalla musica, fluttuano tutto intorno. In un’altra ci si imbatte in morbide e leggere sfere giganti, che possono essere spinte, sollevate e spostate, mentre la luce cambia continuamente, facendosi verde, rosa, rossa, azzurra… L’esperienza è davvero immersiva, tanto che risulta difficile da descrivere. Qualsiasi parola, è insufficiente a rendere giustizia alle diverse sensazioni che si provano: rilassamento, curiosità, stupore…

Il tour, che segue un percorso obbligato, è scandito da alcuni momenti in cui si deve ripassare per lo spogliatoio per accedere alla fase successiva, incrociando i visitatori appena entrati. Una sovrapposizione che causa un po’ di caos, e che è uno dei due nei della visita. L’altro è che il tutto dura circa quarantacinque minuti: un tempo che volerà via rapidamente, lasciandovi con la sensazione di essere rimasti all’interno fin troppo poco. Il mio consiglio è di assaporare ciascuna stanza, fermandosi per tutto il tempo che si desidera, senza lasciarsi prendere dalla smania di correre da uno spazio all’altro.

Purtroppo, il giorno della nostra visita pioveva a dirotto, per cui non abbiamo potuto godere a pieno della sezione esterna della mostra. Un piccolo cortile, nel quale si trovano delle uova giganti che cambiano aspetto a seconda delle condizioni meteo. Abbiamo comunque ricevuto in dotazione, per il breve tempo che abbiamo trascorso in giardino, delle ciabatte e degli ombrelli. Lo staff è infatti presente lungo tutto il percorso, per fornire assistenza e guidare i visitatori.

TeamLab Planets è un’esperienza multisensoriale in grado di coivolgere sia adulti che bambini. Nata nel 2018, è, almeno per il momento, solo temporanea e continuerà a essere ospitata nei locali di Toyosu fino al 2027. Il collettivo TeamLab è comunque responsabile di installazioni e mostre analoghe in altre strutture, sia a Tokyo che in altri Paesi.